sabato 8 maggio 2010

PAS: BAMBINI DA "DEPROGRAMMARE" E DA NON ASCOLTARE

Ecco ciò che conduce a non prendere i considerazione i bambini quando affermano di aver subito violenze o abusi da uno dei due genitori. Parla una psicoterapeuta e CTU: "La psicoterapia con i figli deve adottare i principi simili a quelli della deprogrammazione (deprogramming) attuata con i prigionieri che sono stati indottrinati dalla propaganda nemica, subendo il lavaggio del cervello, al punto di arrivare a manifestare una pubblica avversione verso il loro paese d’origine. Lo psicoterapeuta deve imparare a non prendere troppo sul serio le lamentele dei figli e capire che non deve consentire loro di poter decidere di respingere il genitore alienato" In pratica, sempre piu' spesso accade che i bambini non vengano ascoltati e che , di fronte ad una avversione verso uno dei due genitori, venga diagnosticata la PAS, senza approfondire le ragioni del bambino, e talvolta senza ascoltarlo affatto. In questo modo, qualora le ragioni dell'avversione fossero relative ad un abuso sessuale o ad un comportamento violento, questo verrebbe trascurato al punto da privare il bambino di tutto il suo mondo e dell'unico genitore con cui ha una profonda relazione affettiva, per collocarlo in una casa famiglia dove si proverrebbe a convincerlo con metodi talvolta violenti, che il genitore che rifiuta è buono, che lui si sbaglia, che se non accetta di vederlo non vedrà più la mamma, fino a ridurlo ad uno stato di totale prostrazione che talvolta porta anche a tentativi di suicidio.Contro tutto questo, si batte il Comitato Vittime Giustizia Minorile.



Resoconto del Convegno del 7/3/2009 : “ Abusi sui Minori: tutela penale e civile – L’Avvocato del Minore” Sindrome di Alienazione Genitoriale: questa sconosciuta. 1)Come un genitore può cancellare l’altro dalla vita dei figli; 2)L’Avvocato : il rischio della complicità; ….. quanto inconsapevole?

Lo scorso 7 marzo ‘09 si è tenuto, presso il Lloyds Baia Hotel di Salerno, organizzato dallo
“Osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia - sezione di Salerno”
di cui è Presidente l’Avv. M. Teresa De Scianni, con il Patrocinio del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Salerno, il Convegno dal titolo:
“Abusi sui Minori: tutela penale e civile – L’Avvocato del Minore”
con interventi della Psicologa D.ssa Laura Spagnolo, della D.ssa Simonetta Matone – capo Gabinetto Ministero Pari Opportunità -, della Prof. Virginia Zambrano e del Procuratore della Repubblica del Tribunale Minori di Sassari Dr. Francesco Verdolina.

Particolare interesse ha suscitato la relazione, illustrata con slide – che si allegano -, tenuta dalla D.ssa Laura Spagnolo, psicologa e psicoterapeuta, CTU presso i Tribunali Ordinari ed Ecclesiastici, sulla:
Sindrome di Alienazione Genitoriale: questa sconosciuta.
3)Come un genitore può cancellare l’altro dalla vita dei figli;
4)L’Avvocato : il rischio della complicità; ….. quanto inconsapevole?

Tale sindrome – definita “PAS Parental Alienation Sindrome” – descrive il disturbo psicopatologico dei bambini conseguente al trauma di una separazione conflittuale.
La PAS costituisce una forma d’abuso emotivo che ha origine nel trauma dell’esposizione continuata dei figli al genitore indottrinante, il quale trasmette loro il suo odio patologico verso l’altro.

All’insorgenza della PAS concorrono due fattori:

Il primo è “l’indottrinamento” da parte di un genitore ai danni dell’altro (parleremo di mobbing genitoriale); Esso è solitamente favorito dall’ambiente circostante: parenti, amici e soprattutto avvocati inconsapevoli, si spera, o in mala fede.
Il secondo è l’allineamento col genitore che fa il lavaggio del cervello ai figli, i quali si dimostrano personalmente coinvolti in una campagna di denigrazione nei confronti dell’altro genitore, che viene “odiato” (il genitore alienato, denigrato, la vittima, o il bersaglio).

La finalità è quella di escluderlo dalla loro vita con:
1.sabotaggi delle frequentazioni con il figlio,
2.emarginazione dai processi decisionali tipici dei genitori (scelta della scuola, visite mediche, festeggiamenti di ricorrenze, etc. ) ,
3.minacce,
4.campagna di denigrazione e delegittimazione familiare e sociale.

Alla denigrazione, qualora non sia stata sufficiente a spezzare il legame affettivo tra il genitore bersaglio e i figli, si possono aggiungere anche false dichiarazioni o denunce (anche d’inesistenti abusi sessuali).

Come si manifesta la P.A.S.
Nel tipo lieve l'avversione é relativamente superficiale ed i figli collaborano alle visite col genitore denigrato, ma sono a tratti ipercritici e di cattivo umore.
Nel tipo moderato l'alienazione é più profonda: i figli sono più aggressivi ed irrispettosi e la campagna di denigrazione può essere quasi continua.
Nel tipo grave le visite al genitore alienato possono essere impedite da vissuti e intense manifestazioni di persecuzione/ostilità da parte dei figli, che possono spingerli a commettere azioni dirette a provocare dispiaceri o violenza fisica al genitore odiato.

Effetti sui figli : i figli manifestano
aggressività,
tendenza all’acting-out, (espressione dei propri vissuti emotivi conflittuali attraverso l’azione piuttosto che con il linguaggio. Il soggetto si comporta in modo poco riflessivo, senza considerare le possibili conseguenze negative delle sue azioni) .
egocentrismo,
futuro carattere manipolatorio e/o materialistico,
comportamenti autodistruttivi, ossessivo-compulsivi e dipendenti
narcisismo; falso sé,
disturbi psicosomatici, alimentari, relazionali, scolastici e dell’identità sessuale;
eccesso di razionalizzazione, confusione emotiva o intellettiva,
bassa autostima,
depressione, fobie, regressione.

Che fare?
La responsabilità della P.A.S. è del genitore alienante, che è accecato dall’odio.
Egli deve essere aiutato a vedere la gravità delle conseguenze del proprio comportamento sui figli e, laddove persistesse in tale comportamento subdolamente abusante, deve essere punito con ammonimenti fino ad arrivare alla revoca del provvedimento di affidamento dei figli ed alla decadenza dalla potestà genitoriale.
Egli deve comprendere che si sta macchiando di una colpa grave, come il danneggiamento psicologico permanente di un figlio, e, pertanto, non può farla franca e restare impunito, convinto di essere al di sopra di ogni legge.

È indispensabile una sinergia tra operatori della giustizia (avvocati, giudici, i quali appaiono del tutto impreparati a comprendere la gravità di tali comportamenti abusanti per lo sviluppo psicologico del bambino che ne porterà i segni per tutta la vita) e psico-professionisti (consulenti tecnici, psicoterapeuti) . Solo in questo modo il bambino sarà riportato ad uno sviluppo psicologico normale.

1.Sinergia tra operatori della giustizia (avvocati, giudici) e psico-professionisti (consulenti tecnici, psicoterapeuti): una chiara e rapida azione giudiziale, mirata a scoraggiare in qualunque modo - anche ricorrendo all’allontanamento del genitore abusante qualora questi s’irrigidisse nella sua posizione, - qualsiasi tentativo di sabotaggio da parte del genitore alienante. Meglio la famiglia di un parente o di un estraneo che la presenza dell’abusante.

2.La psicoterapia con i figli deve adottare i principi simili a quelli della deprogrammazione (deprogramming) attuata con i prigionieri che sono stati indottrinati dalla propaganda nemica, subendo il lavaggio del cervello, al punto di arrivare a manifestare una pubblica avversione verso il loro paese d’origine.

Lo psicoterapeuta deve imparare a non prendere troppo sul serio le lamentele dei figli e capire che non deve consentire loro di poter decidere di respingere il genitore alienato.
Lo psicoterapeuta deve evitare di aggiungere violenza a violenza, ipotizzando che la frequentazione padre-figlio rappresenti una forzatura e non la pura e semplice normalità ripristinata.
In questo modo si applica la migliore terapia che consiste nel dare ai figli la possibilità di sperimentare che il genitore alienato non è così disprezzabile o pericoloso, come gli è stato fatto credere.

Nei casi di PAS di tipo grave il conflitto di lealtà del bambino risulta così acuto da rendere impossibili gli incontri.
Questo implica che gli incontri vanno prima predisposti dallo psicoterapeuta e che non vada assegnata ai figli la responsabilità della decisione dell’incontro ma che essa provenga dalla psicoterapeuta o dal Giudice.

D.ssa Laura Spagnolo –(Salerno)
Psicologa, psicoterapeuta, CTU.

Avv. Rodolfo Tullio Parrella
Membro dell’Osservatorio sul Diritto di Famiglia.
via Roma, 11,(Battipaglia)
Tel. 0828/344750 - Fax 0828/341833
E.mail rodpar@tin.it

Castelfranco, Bimba contesa: indagati i servizi sociali L’accusa è di lesioni personali aggravate



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L'avvocato: la bambina va restituita alla mamma

CASTELFRANCO - Sono finite nel registro degli indagati le assistenti sociali del Comune di Castelfranco, insieme alla psicologa che si occupa dell’area minori e al referente dell’Istituzione per i servizi sociali del Comune. Il caso è delicatissimo, perchè riguarda una bambina di appena sei anni, in carico, appunto, ai servizi e perchè i capi di accusa della querela, presentata dalla mamma e accolta dal procuratore aggiunto Lucia Musti, sono gravissimi: omessa denuncia, abuso d’ufficio, violenza privata e lesioni personali con circostanz e aggravanti.

La madre della bimba, infatti, nel marzo scorso, ha depositato una denuncia nei confronti delle assistenti preoccupata dallo stato di salute della figlia che da tempo presentava ‘arrossamenti nelle parti intime’: «Il 9 febbraio - scrive la madre nell’atto - durante uno dei miei incontri, alla presenza della psicologa, mia figlia mi ha detto: ‘Dormo spesso con la nonna e ho bruciore (alle parti intime ndr) perché ho mangiato piccante’.

Una volta nel bagno mia figlia mi ha mostrato il preoccupante arrossamento ho comunicato subito tutto sia alla psicologa che all’educatrice e le stesse mi hanno risposto che avrebbero assunto informazioni dal padre, a cui la bimba è stata affidata». Più di una settimana dopo, il 18 febbraio, chiedeva informazioni sullo stato di salute della figlia senza ottenere risposte chiare: «La psicologa alla mia domanda su quali fossero stati gli accertamenti eseguiti - prosegue la madre - ha risposto che l’infiammazione era dovuta all’assunzione di cibo piccante, così come riferitole dal padre e che era stata utilizzata per curare detta ‘malattia’ una pomata che il mio ex marito o i suoi familiari avevano in casa.

A specifica mia richiesta, se la bambina fosse stata sottoposta a visita specialistica, la dotttoressa non ha saputo rispondermi». Lo stesso giorno, incontrando la bambinanel pomeriggio la madre appurava che il rossore alle parti intime non era sparito e che la bimba «si metteva la pomata di cui sopra da sola». L’ansia della mamma, però, si è acuita nel momento in cui la bambina le ha posto una strana domanda: « ‘Ma tu lo conosci Massimo?’ mi ha chiesto mia figlia senza poi rispondermi sull’identità dell’uomo».

Preoccupatissima la madre avvisa il Tribunale di Bologna e qualche giorno dopo viene chiamata dalle assistenti sociali che le comunicano che il pediatra ha diagnosticato alla piccina una vulvite. «Ho telefonato subito ai medici del Policlinico per sapere se una diagnosi di vulvite in una bimba di appena sei anni potesse essere sintomo di violenza sessuale - scrive ancora la madre nella querela - . I medici mi hanno spiegato che il legame è possibile e che per accertarlo, occorre effettuare un esame denominato ‘urinocultura’.

Quando ho chiesto se questo esame fosse stato fatto l’assistente mi ha risposto di non saperlo ‘non essendo medico’». A questo punto la madre, appurato anche che, diversamente da quanto prescritto dalla legge, il malessere della bimba non era stato segnalato dalle assistenti sociali agli uffici competenti e dopo aver constatato che ancora il 9 marzo (dopo un mese intero) i problemi della bimba sembravano aggravarsi ha presentato querela. Ora il fascicolo predisposto dalla Musti è stato affidato al gruppo di pm che si occupa dei soggetti deboli e le indagini sul caso sono state avviate. Alessia Pedrielli-Modena qui 29 aprile 2010

29-04-2010


«La bambina va restituita alla sua mamma»
L’avvocato Miraglia chiede il riesame del provvedimento di ‘affido’
E’ una storia già nota quella della minore per cui sono state indagate le assistenti sociali del Comune di Castelfranco, insieme ai responsabili della Istituzione che, nel comune, parallelamente ai servizi, si occupa di sociale.
La storia (comunque tragica) di questa minore, per la quale la mamma teme, è cominciata quando i servizi sociali hanno deciso di sottrarla alle cure della madre, la castelfranchese Francesca Famigli, che da tempo lotta, anche pubblicamente, per riavere la propria figlia.
La madre, che nei mesi scorsi aveva riscontrato uno stato di salute non ottimale nella bambina in particolar modo legato ad arrossamenti e bruciori nelle parti intime, dopo che la stessa aveva dovuto insistere perchè le assistenti si facessero carico degli accertamenti approfionditi del caso (come riportato nel testo della querela) e dopo che l’avvocato che la assiste, Francesco Miraglia, aveva verificato come le stesse assistenti non si erano rivolte, come di dovere per la loro carica, al Tribunale di Bologna per segnalare anche solo vaghi sospetti relativi alla buona condizione della bimba (oggi affidata alle cure del padre) ha depositato una circostanziata querela.
Il procuratore aggiunto Lucia Musti ha aperto un fascicolo e nel registro degli indagati sono finiti insieme alle assistenti dell’area minori del Comune di Castelfranco Laura Valli, Elisa Pedretti, anche la psicologa dei servizi sociali Maria Zuccarato e il responsabile dell’Istituzione Natalino Bergonzini e la sua assistente Elena Zini.
Ovviamente le indagini si svolgono a tutto tondo e l’iscrizione al registro riguarda tutti i responsabili dei servizi a cui la bimba è affidata anche se ognuno dovrà rispondere per il ruolo che effettivamente ricopre.

Al di là del grave episodio la vicenda di Francesca Famigli è particolarmente complessa e procede anche giudizialmente dal 2004 prendendo origine dalla separazione e dai dissidi tra il padre e la madre della bambina.
In ogni caso, va ricordato che la Famigli, che ora può vedere sua figlia solo una volta alla settimana non è mai stata accusata di violenza o di abusi di nessun genere sulla minore e che nonostante questo la bambina le è stata sottratta e attualmente è stata ffidata al padre.
«La situazione, attualmente è molto grave - spiega l’avvocato Francesco Miraglia - la bambina ha presentato lesioni e riferito di bruciori alle parti intime da meglio definire.La bambina riferisce di dormire a letto con la nonna paterna molto frequentemente e dai dati sopra esposti emerge una urgenza di verificare lo stato attuale dell’affidamento e rivedere tramite apposita consulenza tecnica di ufficio del Tribunale dei minorenni lo stato di salute psicologica della bambina e la capacità genitoriale della madre al fine di valutare nei tempi minori possibili l’effettivo reintegro della stessa nell’accudimento della figlia».
(al.pe.)

venerdì 7 maggio 2010

Trieste. Appello di Margherita Hack per una bambina sottratta ai genitori


Trieste. Appello video di Margherita Hack per una bambina sottratta ai genitori dalle istituzioni, per presunta malattia mentale della madre.

http://www.aipsimed.org/articolo/appello-di-margherita-hack-bimba-tolta-ai-genitori

In Friuli, è il caso di ricordare questo caso del 1994.Sono passati tanti anni, ma ci piacerebbe sapere se le cose sono cambiate:


bimba in affido prima di nascere

------------------------- PUBBLICATO ------------------------------ TITOLO: Bimba in affido prima di nascere - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - UDINE . Tolta ai genitori 18 giorni prima di nascere. Carolina e' venuta alla luce il 25 gennaio scorso ma il Tribunale dei minori di Trieste l' aveva gia' allontanata dalla madre, un' invalida psichica disoccupata. Anche il padre e' senza lavoro. La coppia sopravvive a Torre di Pordenone. I genitori non hanno mai visto la bambina. Gli e' vietato. Ora lanciano un appello: che sia consentito loro di seguire la crescita della loro bambina. Pecile a pagina 15


Pagina 001.015
(7 aprile 1994) - Corriere della Sera

sabato 1 maggio 2010

"Bambino trattato come un boss. Quattordici agenti per prenderlo"


Sit-in del comitato Vittime della giustizia minorile per i metodi usati dal tribunale. Tra i casi condannati, quello di un bimbo di 7 anni che doveva essere acompagnato in una casa famiglia, prelevato da 14 agenti. Il piccolo si è sentito male ed è finito in ospedale

di GABRIELE ISMAN e ANNA MARIA LIGUORI

Un sit-in di due ore stamattina davanti al tribunale dei Minori in via dei Bresciani 32. È l'iniziativa del comitato Vittime della giustizia minorile «per esprimere - spiega la portavoce Roberta Lerici - la nostra condanna nei confronti per i metodi usati da questi giudici in diverse occasioni. Non si può avere una giustizia minorile così violenta che aggiunge ulteriori traumi a quelli già vissuti dai bimbi. Abbiamo assistito negli ultimi tempi a una serie di provvedimenti punitivi verso i bambini».

La protesta parte da alcuni casi: primo fra tutti quello di un bimbo di 7 anni, nato a Roma ma residente a Sezze, in provincia di Latina, per il quale il tribunale dei minori capitolino ha disposto l'allontanamento dalla madre e l'affido ad una casa famiglia. Il comitato si riferisce a quanto è scritto nell'ordinanza che riguarda il piccolo, del 13 aprile scorso, firmata dal presidente Roberto Ianniello, dal giudice Armida Del Gado, dagli onorari Giuseppe Parrella e Marisa Fragasso: «Tale allontanamento dovrà essere effettuato dalla questura di Latina ufficio Minori senza indugio e vincendo ogni resistenza dei parenti del bambino e del minore stesso». Un diktat che venerdì scorso è stato rispettato da ben quattordici agenti, con due volanti e tre auto senza insegne, che si sono presentati sotto casa della mamma di Luigi (il nome è di fantasia, ndr) per prelevarlo. Il piccolo però si è sentito male, ed è stato ricoverato in ospedale. «A sette anni trattato come un boss», sottolinea il comitato. L'avvocato Girolamo Coffari, che rappresenta la mamma del bambino, ha presentato ricorso contro la decisione dei giudici, parlando di illegittimità dell'allontanamento violento e di violazione del diritto d'ascolto. Secondo l'avvocato, «il bambino non è mai stato ascoltato sul suo collocamento.A lui nessuno ha chiesto le ragioni del suo contrasto tra i genitori e se desidera andare a vivere in una casa famiglia». Nello stesso ricorso, l'avvocato ricorda la sentenza della Cassazione che ha sancito «l'obbligatorietà dell'audizione del minore da parte del giudice nei procedimenti di separazione legale».

Oggi al sit-in, rilanciato anche su Facebook, saranno presenti i genitori e i compagni di scuola del bambino, i giocatori dell'Aprilia che hanno appena conquistato la serie A1 di volley e che domenica hanno giocato con maglie di sostegno alla causa di Luigi e della sua mamma, e, come dice ancora Roberta Lerici, «altre madri vittime del tribunale dei minori». «Il provvedimento - osserva l'avvocato Coffari - vietava in maniera assoluta ogni contatto tra la madre e il piccolo di 7 anni, configurando un trauma per il bambino che ha sempre vissuto con la madre. E lo stesso consulente tecnico d'ufficio, nominato dal tribunale, neppure considerava l'allontanamento, senza dimenticare i pareri dello psichiatra come Luigi Cancrini e del direttore del dipartimento di Neuropsichiatria infantile di Latina, Sandro Bartolomeo». Coffari ha chiesto la ricusazione del giudice Ianniello: «In cinque mesi ha firmato cinque provvedimenti sul caso di Luigi tutti contraddittori tra loro».

(la repubblica 22 aprile 2010)


APPELLO AL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DEI MINORI DI ROMA

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Di Roberta Lerici

Il 22 aprile 2010, durante il sit-in di fronte al Tribunale dei minori per protestare contro un decreto del giudice R.Ianniello, e il conseguente invio di 14 agenti della squadra catturandi della Questura di Latina per prelevare un minore di Sezze e collocarlo in una casa famiglia, vietando qualsiasi visita alla madre o ai suoi parenti, in qualità di portavoce del Comitato Vittime Giustizia Minorile, sono stata ricevuta dalla vicepresidente del TDM, dott.ssa Foschini e le ho consegnato il seguente appello, unitamente alle circa 2000 firme che lo hanno sottoscritto.

Comitato Vittime Giustizia Minorile

E-mail comitatovgm@gmail.com

Al Presidente

Del Tribunale per i Minorenni Dott.ssa Melita Cavallo

Roma, 22 aprile 2010

Gentile dottoressa Cavallo, desideriamo con la nostra iniziativa stigmatizzare la sproporzione del provvedimento emesso nei confronti del figlio della signora V. P., rispetto alla dimensione del caso in oggetto. Riteniamo, infatti che l'ultimo decreto del giudice Roberto Ianniello, sia da ritenersi di una crudeltà rara.

Quattordici agenti della squadra catturandi della Questura di Latina, inviati su ordine del Tribunale dei Minori per prelevare un bambino destinato ad una casa famiglia, sono la diretta conseguenza della legittimazione all'uso della forza (vincere ogni resistenza...) contenuta esplicitamente nel provvedimento del dott. Ianniello. Nello stesso decreto è ancora fatto divieto per la madre di vedere il figlio.

Tali disposizioni ci appaiono davvero un affronto al buonsenso e si discostano radicalmente dai migliori orientamenti e sensibilità che in tema di diritti dei bambini intendono promuovere una cosiddetta "giustizia mite".

Ci domandiamo, inoltre, cosa sarebbe accaduto nella psiche del bambino, se egli fosse stato presente al blitz. E ci rispondiamo che questo avrebbe certamente provocato effetti devastanti molto più gravi di qualsiasi lacuna genitoriale. Un bambino di 8 anni non può essere violentemente strappato alle cure materne, con l'uso della forza pubblica, se non per ragioni gravissime che direttamente mettono in pericolo la sua integrità psico-fisica e in conformità ai pareri espressi da specialisti che hanno avuto modo di vedere, conoscere e ascoltare il minore. Nel caso del piccolo A. questi presupposti sono completamente assenti.

Il dott. Sabatello, CTU del caso, nella sua relazione non ha neppure ipotizzato un allontanamento nè morbido nè brusco dalla madre, ma ha solo suggerito ambiti di terapia e di ascolto. Dobbiamo purtroppo constatare che non è la prima volta che alcuni giudici di codesto Tribunale, nato per rappresentare e tutelare i minori nel miglior modo possibile, si distinguono per provvedimenti traumatizzanti per la fragile psiche dei bambini.

Quanti distacchi da genitori idonei e affezionati sono stati ordinati, solo per "guarire" l'avversione verso l'altro genitore? Quanti bambini hanno dovuto abbandonare scuola, compagni e affetti su ordine del Tribunale? Negli ultimi due anni ne abbiamo visti diversi e non riteniamo sia un bene creare degli orfani artificialmente, quando si deve percorrere la strada dell'ascolto e della cura del minore e delle relazioni familiari.

Il Tribunale per i Minorenni, considerato l'altissimo compito di tutela dei bambini, deve sapere interpretare la sua missione uscendo dalla logica ottocentesca e di stampo arcaico-patriarcale di esercizio del potere che impone comportamenti agli interpreti familiari (figli-madre-padre), ma deve invece sapere utilizzare con sapienza e prudenza tutti gli strumenti diagnostici, terapeutici, di mediazione e di ascolto per tutelare il benessere dei bambini aiutando i genitori in difficoltà.

La segregazione dei bambini "nelle case famiglia" deve essere una soluzione estrema sostenuta davvero da ragioni di protezione da pericoli e gravissimi pregiudizi per i bambini, non può invece diventare la pena da comminare nel caso in cui qualcuno dei familiari "osi" disubbidire agli ordini del giudice. Le relazioni familiari, i bisogni dei bambini, gli affetti appartengono ad un universo complesso e articolato, e necessitano di per sè di competenza, pazienza, ascolto ed empatia emotiva. E’ in questa direzione che Le chiediamo di condurre l'operato dei giudici del Tribunale che Lei dirige. L'appello che questo comitato di cittadini le rivolge, quindi, ha lo scopo di suscitare una riflessione autentica sulla situazione attuale della giustizia minorile.

I bambini non possono essere equiparati a beni mobili dei quali si dispone il "sequestro" nell'attesa che i genitori trovino un accordo, in tal modo privando il figlio dei suoi affetti, delle sue abitudini, dei suoi compagni di classe, dei suoi punti di riferimento affettivi e relazionali. Il disagio va ascoltato e poi curato, ma non punito. Il giudice di un Tribunale per i Minorenni è chiamato ad aggiungere alla sua professionalità una ricchezza umana e una sensibilità che devono caratterizzare le competenze di un giudice ordinario; senza queste doti e senza questa consapevolezza, si finisce per confondere un criminale latitante con un bambino che manifesta il suo disagio (qualunque esso sia) disubbidendo agli ordini del giudice e rifiutando di andare con suo padre o in casa famiglia.

In conclusione a questo nostro appello, Le chiediamo di restituire al piccolo A. la speranza di essere ascoltato e capito con un percorso terapeutico (così come chiedeva la CTU) e un giudice che sappia prendere provvedimenti con la serenità che questo caso richiede. Le chiediamo inoltre di avviare una riflessione all'interno del Tribunale che sappia individuare, alla fine del suo percorso, delle precise linee direttive che guidino i giudici nel loro difficile compito e che entrino nel merito delle disposizioni del collocamento "in casa famiglia" indicando i casi gravi che possono giustificare tale soluzione.

L'appello che Le rivolgiamo è appoggiato dal "Movimento per L'Infanzia" e dalle venti associazioni che ne fanno parte, promosso dal "Comitato Vittime Giustizia Minorile" e sostenuto dalle circa 2000 persone che lo hanno sottoscritto, cui l'elenco delle firme è allegato.

comitato vittime giustizia minorile-email: comitatovgm@gmail.com-sito: comitatovgm.blogspot.com